A fronte della definizione costituzionalmente accolta, di “salute”, occorre individuare la qualificazione ordinamentale di detto bene giuridico.
Quest’ultimo è tutelato non solo come fondamentale diritto dell’individuo, ma anche come preminente interesse collettivo. Questa concezione funge anche e soprattutto da presupposto per le ulteriori norme costituzionali fondanti diritti soggettivi “connessi”; si pensi ad esempio alla tutela della maternità, ex art. 31 Cost.
In questo senso, la duplice, contestuale qualificazione, operata dal medesimo art. 32 Cost., della tutela della salute come “fondamentale diritto dell’individuo” ed “interesse della collettività” appare una specificazione del dualismo insito nella lettera dell’art. 2 Cost. suddetto, che, accanto ai “diritti individuali dell’uomo”, sancisce come “inderogabili” i doveri di solidarietà tra consociati. Ed è proprio tra l’una e l’altra corrispondente qualificazione della “salute” che giurisprudenza e dottrina hanno lungamente oscillato, ben ricorrendo argomenti a favore di entrambe.
Da una parte, infatti, la collocazione dell’art. 32 Cost. tra le disposizioni costituzionali inerenti alla regolazione dei rapporti intercorrenti tra l’autorità ed i cittadini condurrebbe a propendere per la natura eminentemente “soggettiva” della posizione giuridica in esame.
D’altra parte, lo Stato si trova, obiettivamente, impossibilitato ad assicurare il mantenimento o la reintegrazione della salute individuale medesima, potendo, al più, apprestare i mezzi finalizzati alla relativa difesa.
Pur a fronte di tali complessità, una previa classificazione univoca del bene suddetto appare imprescindibile, onde la scelta in ordine alla tesi da abbracciare non è affatto scevra di conseguenze in termini di riflessi sulle posizioni giuridiche di cui il singolo verrebbe, conseguentemente, ad essere titolare.