Il medico ospedaliero, in virtù della natura contrattuale dell’obbligazione, è contrattualmente tenuto al risultato dovuto, ossia al risultato conseguibile secondo criteri di normalità da valutarsi, ovviamente, in relazione alle condizioni del paziente, all’abilità tecnica del professionista ed alla capacità tecnico-organizzativa della struttura .
Il medico, infatti, riveste un ruolo di garante nei confronti del paziente. Più in generale, tutti gli operatori di una struttura sanitaria sono portatori ex lege di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti – espressione dell’obbligo di solidarietà costituzionalmente imposto dagli artt. 2 e 32 Cost. – la cui salute devono tutelare contro qualsiasi pericolo che ne minacci l’integrità .
La posizione di garanzia comporta che il medico è tenuto, ad es., a informarsi sulle patologie esistenti al momento del ricovero o della visita del paziente e sull’esistenza di eventuali condizioni di rischio quali allergie e/o familiarità per determinate patologie. Sul piano normativo, l’obbligo di garanzia si fonda sull’art. 40 c.p., secondo cui non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.
Il fondamento di questa disposizione risiede anche nei principi solidaristici contenuti nella Costituzione che una tutela rafforzata e privilegiata di determinati beni — non essendo i titolari di essi in grado di proteggerli adeguatamente — con l’attribuzione a determinati soggetti – i medici, appunto – della qualità di garanti dell’integrità di questi beni ritenuti di primaria importanza.
La titolarità di una posizione di garanzia non comporta però un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante. Occorre, infatti, accertare concretamente la violazione, da parte del garante, di una regola cautelare, la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire e, infine, la sussistenza del nesso causale tra la condotta del garante e l’evento dannoso .