Chi è chiamato a risarcire il danno causato da un errore medico? E’ responsabile il medico o la Struttura Ospedaliera?
Proseguendo nella nostra intenzione di fornire indicazioni e risposte a coloro che sono stati vittima di una vicenda di malasanità, in questo nuovo articolo affronteremo le differenze tra la responsabilità del medico e della Struttura Ospedaliera e di come orientare correttamente una richiesta di risarcimento del danno causato da un errore medico.
In presenza di un errore medico, chi è tenuto a risarcire il danno?
La risposta potrebbe apparire alquanto scontata: chi ha causato il danno!
Nei casi di malasanità, tuttavia, non sempre risulta agevole identificare il diretto responsabile del danno subito dal paziente, specie se lo stesso si è realizzato a seguito di un lungo percorso assistenziale durante il quale diverse sono le figure sanitarie (medici e infermieri) venute in contatto con il paziente.
In questi casi, pertanto, il paziente danneggiato ovvero, in caso di decesso dello stesso, i suoi legittimi eredi, si troveranno nella difficoltà di individuare il/i responsabile/i del danno medico.
In difetto di tale elemento, al danneggiato resterebbero due opzioni: trascurare l’esercizio del proprio diritto (il che determinerebbe fenomeni di vera e propria ingiustizia), oppure avanzare la propria pretesa contro tutti i possibili danneggianti, con evidenti ricadute in tema di effettivo conseguimento del risarcimento. La presenza di più controparti, infatti, determina una maggiore articolazione della procedura di risarcimento, sia in fase stragiudiziale che, soprattutto, giudiziale, con dilatazione delle tempistiche e presenza di maggiori costi.
Pertanto, se la risposta al quesito fosse limitata ad attribuire la responsabilità al solo diretto danneggiante (medico/i), risulta evidente che si potrebbero manifestare situazioni di palesi vuoti di tutela in favore del paziente vittima di un errore medico, che, altrimenti, risulterebbe doppiamente danneggiato: inizialmente dall’errore assistenziale e successivamente dalla mancanza di strumenti di tutela.
Consapevole di tale rischio, l’ordinamento italiano, doverosamente, ha previsto un diverso bilanciamento degli interessi in gioco, garantendo al paziente danneggiato la possibilità di tutelare il proprio diritto ad ottenere un risarcimento del danno per errore medico.
Prima di giungere all’esposizione della soluzione al quesito inizialmente prospettato, occorre effettuare una preliminare distinzione tra le due macro-tipologie di responsabilità esistenti nel nostro sistema di diritto:
- La responsabilità contrattuale, per la quale chi non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto a risarcire il danno, a meno che l’inadempimento sia il frutto di impossibilità sopravvenuta e non imputabile. L’espressione inadempimento ricomprende non solo i casi di mancato adempimento, ma anche tutti i casi di adempimento errato. In questi casi, la violazione di un rapporto obbligatorio determina il sorgere del diritto a conseguire il risarcimento. Questo concetto, calato nella materia della responsabilità medica, ha generato, nel passato, un animato dibattito. Infatti, (a titolo esemplificativo) soprattutto nel caso di strutture pubbliche, il paziente accede alla struttura ospedaliera senza che vi sia alcun tipo di contratto tra il paziente e la struttura.
- La responsabilità extracontrattuale, in base alla quale chi cagiona ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcire il danno.
Nella pratica, pertanto, si presentano situazioni in cui occorre indagare quale delle due tipologie di responsabilità ricorre. Vi sono, infatti, ipotesi non del tutto nitide, in cui manca un vincolo/legame obbligatorio tra le parti, ma nelle quali ricorrono “obblighi di protezione”. Tale era la qualificazione del rapporto tra paziente e medico, che pur in difetto di uno specifico legame, presentava i caratteri del contatto sociale. Il paziente entrava, quindi, in rapporto con il medico, dipendente della struttura sanitaria, la quale prendeva in carico il paziente.
A tal proposito, la materia è stata interessata da una recente regolamentazione legislativa. Il tema della responsabilità medica, infatti, ha subito un intervento ad opera della legge 8 marzo 2017, n. 24, la cosiddetta “legge Gelli-Bianco” che si ripropone di disciplinare la responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie e di cui avevamo già parlato in un articolo dedicato al risarcimento per malasanità.
In particolare, la legge Gelli-Bianco distingue la responsabilità della Struttura sanitaria, di tipo contrattuale, da quella del singolo medico/operatore sanitario dipendente, definita come extra contrattuale.
La distinzione non è priva di conseguenze, in special modo per chi intenda conseguire il risarcimento del danno patito per responsabilità medica in quanto:
- sono presenti termini di prescrizione diversi: l’azione per la responsabilità contrattuale si prescrive in dieci anni, mentre nei casi di responsabilità extracontrattuale si ha prescrizione in 5 anni;
- nei casi di responsabilità contrattuale, il paziente danneggiato deve dimostrare il proprio accesso/la propria permanenza in struttura e manifestare la presenza di un’inesatta esecuzione della prestazione. Nei casi di responsabilità extracontrattuale, invece, il paziente dovrà dimostrare puntualmente la condotta errata del medico/operatore sanitario.
- Dispone che la Struttura sanitaria risponda delle condotte erronee del medico di cui si avvale nell’adempimento di un proprio dovere di assistenza.
In definitiva, l’azione contro la Struttura sanitaria presenta un maggior intervallo di tempo per poter esercitare il proprio diritto al risarcimento del danno da errore medico nonché un minor peso circa quanto va provato in giudizio.
L’azione contro il singolo sanitario dipendente della Struttura, diversamente, prevede un minor intervallo di tempo per presentare la domanda di risarcimento e richiede una delineazione puntuale dei fatti, supportato da validi elementi di prova.
Contro chi rivolgere la richiesta di risarcimento del danno?
Individuata la suddivisione dell’inquadramento delle responsabilità, occorre valutare come operi la ripartizione della responsabilità per malasanità tra la struttura ed il medico/operatore sanitario. A tal proposito, la questione è stata recentemente dibattuta anche dalla Corte di Cassazione, come da sentenza numero 28987/2019.
La responsabilità per danni è ripartita paritariamente tra struttura e sanitario
Con la predetta sentenza, la Corte ha inteso marcare il proprio orientamento sul tema della ripartizione della responsabilità per danni derivanti da errore medico. La soluzione più conforme al diritto risulta essere la seguente:
- nel caso in cui una prestazione sanitaria sia erogata in modo non conforme alle linee guida, la responsabilità del danno è ripartita. L’espressione “linee guida”, secondo la Giurisprudenza, indica il “sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un’utile guida per orientare agevolmente in modo efficiente ed appropriato le decisioni” (Cass. penale 28187/2017).
Ci si potrebbe interrogare sul perché la struttura sanitaria debba essere chiamata a rispondere per una violazione commessa da un proprio dipendente. A tal proposito occorre osservare come alla Struttura ospedaliera, per evidenti ragioni (in qualità di ente astratto), è impossibile operare in concreto. Tutte le attività svolte dall’ente avvengono per mezzo del proprio personale dipendente, quale materiale esecutore ed erogatore di determinate prestazioni. Pertanto, alla struttura è impedito, per ovvi motivi naturalistici, ogni possibile adempimento diretto.
Quindi, in capo alla struttura ricadono obblighi e doveri di assistenza. La struttura non può agire direttamente per l’adempimento di tali obblighi, motivo per cui ricorre al proprio personale dipendente. Catena logica che individua una forma di responsabilità propria della struttura, seppur il suo operato avvenga tramite molteplici persone fisiche.
Quindi, seppur in situazioni di colpa esclusiva del medico, la struttura risponde civilmente del danno arrecato ai pazienti. Il principio è confermato dalla sentenza, a sezioni unite, n. 13246/2019, per cui la struttura risponde per il danno del dipendente, anche quando il medico abbia approfittato delle sue attribuzioni.
Pertanto, il medico/operatore sanitario e la struttura sanitaria in cui opera il professionista, possono essere chiamati entrambi, contestualmente, a rispondere per i danni da responsabilità medica sofferti dal paziente danneggiato. In linea teorica questa responsabilità condivisa si presume essere paritaria, nella misura del 50% ciascuno. Chi ritiene che la colpa sia attribuibile ad un altro soggetto, per una misura superiore al 50%, dovrà darne la prova. Pertanto, la struttura sarà sempre tenuta al risarcimento della propria quota al 50%, salvo la sussistenza di una evidente, grave e straordinariamente negativa condotta di malasanità da parte del medico/operatore sanitario.
In definitiva, la richiesta di risarcimento del danno potrà non avere quale unico destinatario il medico/operatore sanitario responsabile. Infatti, la denuncia del sinistro e la conseguente domanda di risarcimento del danno derivante da errore medico, potrà essere presentata anche nei confronti della struttura ospedaliera. Elemento che, presenta alcuni vantaggi pratici, anche in tema di garanzia nella effettiva soddisfazione del proprio credito derivante da danno alla salute per errore medico. In primo luogo, il termine di prescrizione nei confronti della struttura è pari a 10 anni. Inoltre, sebbene il singolo professionista debba essere coperto da garanzia assicurativa, la struttura ospedaliera presenta una solidità finanziaria maggiore rispetto al singolo medico/operatore sanitario.