In questo articolo verrà affrontato il tema della responsabilità sanitaria e di quale documentazione sia necessaria per attivare una richiesta di risarcimento del danno da errore medico.
Parleremo dei documenti medici da reperire per ricostruire la vicenda clinica, di chi ha diritto a richiederli e di come fare ad acquisirli.
Questo è il secondo di una serie di articoli che si prefiggono di fornire una guida al risarcimento del danno da malasanità, semplice e comprensibile anche per i non addetti ai lavori.
Contenuti
Le prestazioni sanitarie, sia presso strutture pubbliche che private, sono caratterizzate dalla costante presenza di documenti, su supporti cartacei o digitali, rappresentativi di fatti rilevanti.
Dalla ricetta del medico curante, ai referti degli esami sostenuti, passando dalle prenotazioni delle varie prestazioni sanitarie, ogni passaggio è registrato e documentato.
In presenza di un danno derivante da responsabilità sanitaria occorre, pertanto, ricostruire tutta la catena del processo clinico/assistenziale: è qui che entra in gioco la cartella clinica.
La cartella clinica, infatti, è lo strumento deputato alla raccolta dei dati e delle informazioni sensibili attinenti alla salute di un individuo. Essa è finalizzata a rilevare tutte le informazioni anagrafiche e cliniche significative relative ad un paziente, anche in relazione ad un singolo episodio di ricovero.
Le condizioni di salute della persona ricoverata sono oggetto di monitoraggio continuo. Una tenuta non corretta della cartella clinica con aggiornamento non puntuale può configurare una responsabilità sanitaria.
Una corretta tenuta della cartella clinica dovrebbe infatti prevedere un aggiornamento giornaliero, così da avere una continuità informativa sul decorso della malattia, sulle diagnosi e sulle terapie approntate, nonché sui relativi effetti.
In particolare, l’art. 26 del codice di Deontologia Medica prevede che “la cartella clinica delle strutture pubbliche e private deve essere redatta chiaramente, con puntualità e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere, oltre ad ogni dato obiettivo relativo alla condizione patologica ed al suo decorso, le attività diagnostico-terapeutiche praticate”.
Secondo le linee guida del Ministero della salute, ciascuna cartella clinica ospedaliera deve rappresentare l’intero episodio di ricovero del paziente nell’istituto di cura. Rappresenta, quindi, la storia della degenza del paziente. Di conseguenza, la sua redazione ha inizio con l’accettazione del paziente nella struttura e ha termine al momento della dimissione del paziente.
Il dettaglio dell’informazione richiesta, nonché la precisione nella registrazione e conservazione delle informazioni, riveste una duplice funzionalità:
1) Rendere accessibile ai soggetti interessati la comprensione del trattamento subito e dell’assistenza ricevuta. La cartella clinica fornisce una base informativa per decisioni clinico-assistenziali, così da garantire la continuità assistenziale, documentando lo stato di salute dell’assistito, i trattamenti effettuati ed i risultati conseguiti.
2) Tracciare le attività svolte e consentire di verificare la presenza di eventuali errori da responsabilità sanitaria. Infatti, in base alla cronologia degli eventi, nonché alla descrizione delle modalità di esecuzione dei trattamenti clinico-assistenziali, sarà possibile risalire ai responsabili di tali trattamenti. A tal fine, gli eventi devono essere riportati con l’indicazione della data, nonché (preferibilmente) dell’ora e dei minuti.
La responsabilità della corretta gestione e tenuta della cartella clinica ricade sul primario della struttura, ossia sul medico incaricato della responsabilità di un determinato reparto, oppure collocato in posizione dirigenziale.
Su ogni modulo dovrebbe essere apposto il logo della struttura sanitaria. Inoltre, i fogli costitutivi della cartella devono presentare una numerazione logicamente progressiva, con codice identificativo della cartella clinica, nonché i dati identificativi del paziente.
Le annotazioni possono avvenire solo mediante strumenti di registrazioni indelebili (es: mai matita/lapis). Infatti, anche in caso di errori, non è possibile ricorrere a sistemi correttivi/abrasivi volti ad eliminare l’indicazione sbagliata. In caso di errore di annotazione, occorre tracciare una riga sulla scritta, in modo che la stessa risulti comunque leggibile. Infine, l’identità degli autori deve risultare chiaramente intellegibile e individuabile mediante firma/sigla.
Pertanto, affinché si possa parlare di una cartella clinica adeguatamente tenuta, devono ricorrere i seguenti tratti caratterizzanti:
1) Tracciabilità;
2) Chiarezza;
3) Accuratezza e appropriatezza;
4) Veridicità;
5) Pertinenza;
6) Completezza;
7) Attualità.
Tutte queste prescrizioni in materia di tenuta e gestione della cartella clinica aiutano ad evidenziarne l’importanza quale documento principe, soprattutto in costanza di eventi riconducibili a responsabilità sanitaria.
Infatti, si è soliti attribuire alla cartella clinica il valore di atto pubblico, con conseguente individuazione della qualifica di “pubblico ufficiale” in capo ad infermieri e medici, all’atto della redazione della cartella clinica.
L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o, come in questo caso, da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l’atto è formato (artt. 2699-2701 c.c.). L’atto pubblico, infatti, fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
La cartella clinica potrà essere richiesta direttamente alla struttura del ricovero e/o del trattamento clinico-terapeutico. Pertanto, occorre verificare direttamente sul sito della specifica struttura se sia previsto un procedimento specifico. In particolare, la struttura potrebbe aver predisposto un proprio modulo/formulario per standardizzare le richieste, al fine di protocollarle ed evaderle.
Nel caso in cui, in nessuna sezione della struttura siano presenti riferimenti alle modalità di richiesta ed ottenimento della cartella clinica, l’interessato dovrà verificare la sezione “contatti” del sito, per individuare i recapiti mail e di telefono.
Quindi, alla e-mail generale dell’ente per informazioni/centralino (in assenza di una specifica mail preposta per l’accettazione delle domande) potrà essere inoltrata la richiesta.
La domanda di accesso e consegna della documentazione medica potrà essere effettuata anche tramite PEC o per raccomandata A/R.
Dalla data di richiesta iniziano a decorrere i termini per la produzione e rilascio della copia della documentazione.
Sul punto occorre evidenziare che la legge 8 marzo 2017, n. 24 Legge Gelli, ha introdotto l’obbligo di rilascio della documentazione sanitaria, richiesta dal paziente, entro 7 giorni dalla presentazione della domanda, con possibilità di fornire eventuali integrazioni entro il maggior termine di 30 giorni dal ricevimento della richiesta.
Quindi, il paziente ha il diritto di ricevere una copia o uno stampato della documentazione, cui consegue una controprestazione dell’interessato: si tratta del pagamento dei diritti amministrativi di rilascio della copia. Tali costi originano dalle operazioni di fotocopiatura/stampa della documentazione, per cui l’importo varia in base al numero di pagine della documentazione.
La cartella clinica, per la sua natura di “raccoglitore di dati ed informazioni altamente sensibili” non è accessibile a chiunque. Le norme a tutela della privacy e della riservatezza riducono la cerchia dei soggetti legittimati ad avanzare la richiesta.
In linea di principio, per l’art. 22 della legge 7 agosto del 1990, n. 241, il diritto di accesso è concesso agli “interessati”, ossia tutti i soggetti privati che “abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”.
Pertanto, la documentazione potrà essere richiesta:
1) Direttamente dal paziente, quale principale interessato al documento, in qualsiasi momento successivo alle dimissioni. La richiesta potrà pervenire direttamente dal paziente, in caso di maggiore età. In caso di paziente minorenne, la richiesta dovrà provenire dai genitori, in nome e per conto del minore, in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale dell’interessato. Lo stato di genitori potrà essere attestato anche mediante una semplice “autocertificazione”. Ai sensi dell’art. 22 c.2 della legge 241/1990, infatti, “i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni”. L’autocertificazione in questione dovrà contenere il riferimento alla disciplina del D.P.R. 445/2000, per la quale il dichiarante si assume la responsabilità penale per le eventuali dichiarazioni false e mendaci rese.
2) Da una persona di fiducia, appositamente delegata. In questo caso sarà necessario specificare che la richiesta (ed il ritiro) provengono da un soggetto appositamente autorizzato a presentare la domanda. La delega dovrà riportare i dati anagrafici del delegante e del delegato, nonché l’allegazione della carta d’identità e l’indicazione dell’attività da svolgere.
3) I tutori degli interdetti.
4) Gli eredi legittimi. Anche in questo caso, la qualifica di “eredi” potrà essere effettuata mediante “Dichiarazione sostitutiva di atto notorio”.
5) Un soggetto terzo munito di apposita procura speciale (per esempio un Avvocato). Con la procura si attribuisce un potere rappresentativo tale per cui il rappresentante ha il potere di agire verso i terzi in nome e per conto del rappresentato.
Anche il medico di medicina generale o il cosiddetto medico di famiglia è chiamato a tenere una cartella clinica per ogni paziente. Questo documento si chiama Scheda Sanitaria Individuale e la sua compilazione e aggiornamento rappresenta non solo un obbligo deontologico ma anche un adempimento previsto dal suo contratto di lavoro, l’Accordo Collettivo Nazionale. Tale scheda dovrebbe essere aggiornata in occasione di ogni accesso/visita del paziente presso lo studio del medico di famiglia ovvero al rientro in studio del medico dopo una visita domiciliare. Ivi vengono inserite non solo le indicazioni cliniche relative alla patologie ed ai problemi di salute sia passati che attuali del paziente ma anche le terapie prescritte, le visite specialistiche con relativi risultati, nonché gli esami con i relativi referti.
L’obbligo di tenuta della scheda del medico di medicina generale deriva dal DPR n. 270 del 28 luglio 2000, art. 31. La finalità risulta essere quella di migliorare la continuità assistenziale sia di contribuire ad eventuali indagini epidemiologiche mirate a quanto previsto dagli accordi regionali.
A differenza della cartella clinica ospedaliera, questa scheda rappresenta un documento d’uso personale del medico e non acquisisce il valore di vera e propria certificazione, salvo che in quelle situazioni che ne prevedono l’esibizione, come accade in caso di ricovero in ospedale. In questa evenienza, infatti, è prevista la compilazione della scheda di accesso in ospedale, che accompagna la richiesta di ricovero e riporta i dati anamnestici (oltre che i provvedimenti terapeutici eventualmente intrapresi e gli accertamenti diagnostici effettuati) estratti dalla scheda sanitaria individuale.
Il medico convenzionato diventa in questo caso pubblico ufficiale e i suoi atti acquisiscono le caratteristiche di atti d’ufficio.
Una non puntuale compilazione della cartella clinica, qualora non consenta, a posteriori, al paziente danneggiato di ricostruire con precisione l’assistenza ricevuta, consentirà il ricorso alla presunzione di responsabilità sanitaria nel caso in cui la condotta del medico possa ritenersi idonea a cagionare il danno lamentato dal paziente. In questi casi, pertanto, configurandosi una responsabilità sanitaria, il paziente danneggiato avrà diritto a richiedere un risarcimento del danno da errore medico.
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