Sebbene il parto rappresenti la conclusione fisiologica di una gravidanza, molte sono le difficoltà che possono insorgere al momento del travaglio di parto. Necessaria, pertanto, un’idonea assistenza da parte di personale esperto (ostetriche e ginecologi) che, attraverso un attento monitoraggio del benessere del feto e della madre, riesca a cogliere tempestivamente quei “segnali di pericolo”, ponendo conseguentemente in essere tutti i provvedimenti offerti dalla scienza medica per evitare un danno da parto.
Dopo la morte del feto, l’evento avverso più temibile che può verificarsi durante il parto è rappresentato dalla sofferenza cerebrale del neonato, più spesso definita con il termine anglosassone di Cerebral palsy (paralisi cerebrale). Si tratta di una encefalopatia ipossico-ischemica del neonato ossia un danno da difetto di ossigenazione del cervello del bambino. Le cause di tale sofferenza sono molteplici. La maggioranza dei casi di sofferenza cerebrale del feto (circa il 90%) si realizza nel corso della gravidanza (ad es. per alterazioni della placenta) e non risulta possibile diagnosticarla attraverso i controlli di routine periodicamente eseguiti. Ci soffermeremo pertanto solo su quelle sofferenze cerebrali realizzatesi nel corso del parto (circa il 10%) in quanto, se prontamente intercettate, sono passibili di trattamento.
Un attento monitoraggio del benessere fetale durante il travaglio di parto, consente, infatti, al personale sanitario di diagnosticare precocemente una sofferenza ipossica del feto e di evitare che si produca un danno cerebrale mediante l’effettuazione di un taglio cesareo d’urgenza. Trattasi pertanto di complicanze del parto prevenibili che, se si realizzano, spesso nascondono un errore medico. In questi casi, il danno, purtroppo quasi sempre gravissimo, che ne deriverà al neonato, sarà risarcibile.